√ Il giudice, pronunciando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione, il diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento qualora egli non abbia adeguati redditi propri. Anche nella separazione consensuale è quindi possibile stabilire un assegno a favore del coniuge che non abbia mezzi per il proprio mantenimento. L’entità di tale somministrazione è finalizzata al mantenimento di un tenore di vita il più possibilmente similare a quello detenuto nel periodo precedente la separazione, ma deve anche essere determinato in relazione alle circostanze ed ai redditi dell’obbligato. Il mantenimento è di regola versato periodicamente con cadenza mensile, pertanto si è soliti parlare di “assegno di mantenimento”. In caso di inadempienza, a seguito di richiesta dell’avente diritto, il giudice può disporre il sequestro di parte o di tutti i beni dell’obbligato ed ordinare ai terzi debitori del coniuge obbligato (per es. i datori di lavoro), di versare una parte delle somme dovute direttamente all’avente diritto.
Il coniuge a cui è addebitata la separazione, non ha diritto ad ottenere il mantenimento, pur essendo economicamente più debole rispetto all’altro coniuge; tuttavia egli avrà diritto ad ottenere il versamento degli alimenti che, a differenza del mantenimento, sono appena sufficienti da permettergli la sussistenza qualora versi in situazione di particolare indigenza o povertà.
Il giudice, qualora ricorrano gravi motivi e su istanza di parte, può in qualsiasi momento disporre la revoca o la modifica dei provvedimenti presi in materia di mantenimento.
Assegnazione della casa famigliare
Il godimento della casa famigliare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli; alla luce di tale principio, salvo diverse pattuizioni, è prassi che l’assegnazione della casa famigliare venga fatta in favore del genitore con il quale convivranno principalmente i figli, al fine di non rendere oltremodo traumatica l’esperienza della separazione allontanandoli dall’abitazione dove erano abituati a vivere. Dell’assegnazione il giudice tiene conto nella regolamentazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l’eventuale titolo di proprietà. Il diritto al godimento della casa famigliare viene meno nel caso che l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa famigliare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio. Il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili sui pubblici registri immobiliari così da renderli opponibili a terzi (nel caso ad esempio che il coniuge proprietario esclusivo dell’abitazione famigliare ma non assegnatario della stessa, venda l’immobile ad altri soggetti). Nel caso di contratto di locazione, questo continua a produrre i suoi effetti nei confronti del coniuge assegnatario della casa coniugale.
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